Giulio Calegari
Tra il 1993 ed il 1996, il Centro Studi Archeologia Africana si trovò a lavorare in Eritrea, nel periodo immediatamente seguente all’indipendenza del Paese. Furono svolte cinque missioni di prospezione e documentazione con lo scopo di raccogliere e cominciare a studiare le manifestazioni d’Arte rupestre presenti sul territorio eritreo, componendone un primo e completo repertorio.
L’Arte rupestre dell’Eritrea è, per quanto oggi se ne conosca, quasi esclusivamente espressione di popoli allevatori di bovini, che hanno fatto dell’animale domestico, in tempi e modi diversi, il principale soggetto delle loro rappresentazioni. Anche se non mancano descrizioni della fauna selvaggia, dal corpus dei rupestri eritrei è decisamente assente qualsiasi esempio accostabile con certezza a quelle manifestazioni figurative definite “dei popoli cacciatori”.
Una descrizione delle principali località d’Arte rupestre dell’Eritrea si può pertanto raccogliere in un breve riassunto.
Presso Carora, nel Nord del paese, non lontano dalla frontiera con il Sudan, vi è un gruppo di rocce chiamate Abba Ciakat. Su alcune di esse sono dipinti bovidi rapportabili ad una fase antica dell’arte degli allevatori. Le figure sono policrome o monocrome, in alcuni casi gli animali sono rossi con il contorno e le corna bianche. I bovini sono resi in modo verosimile ma schematico, anche con differenti “stili”. Spesso sono disegnate le quattro zampe. Agli animali si associano figure umane, in un caso allineate e armate di lance.
La regione dell’Acchelè Guzai, grazie alle ricerche di V. Franchini, è quella che, per l’Eritrea, ci ha restituito la maggior parte delle località.
A pochi chilometri dal villaggio di Ghenzabò, sotto una grande parete di roccia basaltica detta Ba’attì Sullùm (foto 1), è dipinto uno dei più importanti cicli pittorici del periodo antico dell’arte rupestre eritrea. I bovini sono figurati in modo accurato con un gusto schematico ma verosimile. Spesso la pezzatura del loro manto è realizzata con eleganti soluzioni decorative. Le corna sono lunghe e sinuose, la testa e le zampe ben descritte. In un gruppo di mucche sono evidenziate le mammelle a cui succhiano dei vitelli.
Altra località è invece la grotta di Sullùm Ba’attì, sotto il monte Endà Nehbì, sulla riva destra del Marèb. Le pitture, numerose, sono in varie tonalità di rosso con uno stile omogeneo forse coevo o di poco posteriore alle pitture più antiche (foto 2, 3 e 4). Il corpo dell’animale è semplificato in forme rettangolari cui sono aggiunti dettagli (coda, corna, pezzatura del manto ) che caratterizzano le specie rappresentate. Ai numerosi bovini domestici si affiancano bufali, antilopi, iene, felini, forse zebre. Uomini schematizzati in forma di zagaglia partecipano a strani riti, circondando o cavalcando animali alcuni dei quali decorati da strisce verticali che escono come raggi dai loro corpi.
In alcune cavità presso i resti del villaggio di Addì Qansà vi sono pitture rosse o più raramente bianche. Le numerose figure possono essere collocate da un periodo medio dell’arte rupestre eritrea sino a momenti più recenti con la presenza del bue con la gobba.
Zebàn Onà Libanòs, a due chilometri da Adì Mocadà, è una piccola cavità con pitture collocabili all’inizio del primo millennio B.C. Vi sono rappresentati in modo verosimile guerrieri con scudi e lunghe lance con grandi punte di metallo (foto 5 e 6). Le figure sono eleganti e descritte mentre cacciano, suonano, si riposano. Una scena naturalistica mostra una bella scena di mungitura. Queste immagini sono rapportabili ad altre, presenti a Zebàn Kebesà e a Zebàn Abùr, dove è dipinta una scena di aratura come all’Amba, Focadà in Etiopia.
Presso il villaggio di Emba Celai sono incise figure di guerrieri con corte lance forse di tipo axumita.
Sull’altipiano del Cohaito, dove per la prima volta è stato da noi segnalato il Paleolitico inferiore in Eritrea vi sono cavità, presso Sarò, con le prime pitture scoperte in Eritrea (1841) da D’Abbadie.
Nell’Hamasien a Ovest di Asmara vi sono incisioni schematiche scoperte nel 1914-1915 da L. Frobenius nelle località di Kortamit, Maji Malehess, Lamdrara, Dembe Wadi Mudui.
A Daarò Caulòs, presso Asmara, in una grotta legata alla leggenda di un Santo eremita, è scolpito un bassorilievo scoperto nel 1907 da R. Paribeni. Si tratta di una composizione a figure antropomorfe alte in media 40-50 cm (foto 1). Non sono definiti i tratti dei personaggi e ad essi non è associato alcun oggetto.
Accostabile a questo bassorilievo è quello scoperto nel 1993 dal Centro Studi Archeologia Africana di Milano sotto il riparo di Ba’attì Mariam, presso il villaggio di Bardà, 23 chilometri ad Ovest di Asmara (foto 2). Anche in questo caso le figure sono allineate in posizione frontale e prive di ogni fisionomia. Sono pure immagini antropomorfe. Questo bassorilievo è oggetto di venerazione da parte degli abitanti cristiani del luogo. Essi rivolgono preghiere alle immagini che ritengono siano i Santi e la Vergine Maria e, a volte, mangiano la polvere di roccia grattata dal bassorilievo.
Unico confronto pittorico con queste figure umane allineate, che ho definito “I Testimoni impassibili”, è quello con i personaggi dipinti in colore rosso nel piccolo riparo di Ischmele I (foto 9), dove l’impostazione iconografica sembra uguale a quella dei due precedenti esempi scultorei, lasciando intendere un comune tema narrativo presente nella regione.